martedì 9 febbraio 2010

The right Fabric - racconto a tema su un oggetto simbolico della mia vita

"Faaabric! Choose the right Faaabric!"
Chissà perchè, quella notte le era venuto in mente l'allegro ritornello di quella canzone, che nella sua vita aveva ascoltato solo due volte.
Svegliandosi, si accarezzò il polso destro, per accorgersi, per l'ennesima volta, che il braccialetto non era più lì.
Fabric... Si erano domandate a lungo di che tessuto, o meglio, di che materiale fosse quel laccio che la montagna umana color del cioccolato, vagamente rassomigliante a Mami di Rossella O'Hara, le aveva legato al polso una notte, sulla spiaggia, senza che lei le chiedesse nulla.
Mama Africa, così aveva detto di chiamarsi, le aveva fermate, lei e la sua migliore amica, mentre camminavano per i fatti loro osservando lo sciamare di bei ragazzi che si muoveva tutto attorno, e inizialmente aveva proposto loro di farsi fare delle treccine. Poi, mentre l'accompagnatrice di Mama Africa, molto meno imponente e carismatica di lei, continuava a propinare orpelli e pettinature stravaganti ad Anna, gli occhi della sedicente fattucchiera si erano puntati su di lei... doveva averle scrutato dentro perchè, in una commistione di inglese, francese e spagnolo, le aveva detto "Tu essere molto buona, io vedere tu avere bisogno di braccialetto di Amore", ed, afferrandole la mano, le aveva chiesto il suo nome.... Senza nemmeno rendersi conto di quello che stava succedendo, si era trovata legato al polso destro, con uno strano nodo, un laccio fatto apparentemente di capelli intrecciati, con due pietruzze sferiche di un intenso colore blu al centro. "Come si chiama tuo amore?" Eh... come si chiamava il suo amore? Non ricordava nemmeno di aver risposto, perchè si era girata a guardare cosa stesse succedendo alla sua amica, alla quale la parente di Mama Africa - aveva asserito di essere sua cognata o qualcosa del genere - aveva appena affibbiato un bracciale di un rosa fluorescente orribile, con tre palline su: due viola e una rosa al centro. Aveva appena fatto in tempo a pensare che Anna odiava il rosa, che Mama Africa aveva esclamato: "Timmo!" Timmo? E chi??? Oddio ma voleva dire Tim???
La santona non le aveva dato il tempo di controbattere, aveva iniziato a fare strani segni con le dita sul polso e sul bracciale, e a sussurrare cose in una lingua incomprensibile, facendosi anche il segno della croce. Girandosi ancora verso Anna, Giulia aveva potuto vedere che, diversamente da quanto stava succedendo a lei sul suo braccio, la sua amica stava ascoltando semplicemente una spiegazione del significato delle tre palline.
I giorni erano passati, la vacanza era finita e il bracciale era rimasto lì. Anna il suo l'aveva tolto, si slacciava di continuo e si era sfilacciato. Per giorni si erano domandate perchè quello di Giulia invece non si fosse mai slegato, nè rovinato. Inoltre, la consistenza era davvero diversa: aveva il colore, e la qualità, di quei capelli neri d'Africa, anche se, alla fine, avevano concordato trattaresi di un posticcio, per combattere la sensazione di schifo che provavano al pensiero che fossero realmente crine. Giulia non l'aveva confessato a nessuno, ma aveva poi scoperto che il laccio era realmente composto di materiale biologico, quando aveva tentato di bruciarne una punta che si stava rompendo.
Era rimasto lì, sul polso, per mesi e mesi, le due palline blu altro non erano che dei feticci che rappresentavano lei e Timmo, e, fintanto che li avesse tenuti insieme, si sarebbero amati. O avrebbero avuto una possibilità di amarsi? Non le era chiaro. Perchè che lei fosse stata innamorata era una realtà, ma non aveva mai saputo cosa lui provasse nei suoi confronti.
E poi, una sera, aveva sciolto il nodo, senza neanche accorgersene, seduta in un teatro la cui sala era grande quanto il soggiorno di casa sua, gli occhi di Timmo che la spiavano credendo di non essere visti. "Faaabric" cantava un altro, facendole l'occhiolino, ma lei sentiva solo lo sguardo di lui addosso, riusciva ad immaginare il guizzo arancione nell'iride, e il nero caffè della pupilla dilatata. mentre giocherellava con la treccina di capelli ormai privata di metà del suo potere, perchè ora era una retta, e non più un cerchio. Finchè le due sfere blu fossero state vicine, i loro cuori sarebbero stati vicini... Improvvisamente pensò che quel bracciale voleva darlo a lui, che prendesse lui la decisione.
Uscita dal teatro lo aveva aspettato per un tempo che le era sembrato infinito... quando finalmente era comparso dietro il vetro della porta, e poi era uscito, il bracciale era talmente rovinato che si stupì nel vederlo aprendo la mano. Quanto lo aveva strapazzato nell'attesa? Timmo era lì, che arrossiva se solo lo guardava. E trovare il coraggio di dargli in mano il proprio cuore non era stato possibile.
Aveva camminato per un po' senza voltarsi, prima di mostrare all'amica i resti del bracciale che teneva stretti nel guanto. Aveva fatto scorrere ciò che una volta era un laccio talmente forte da resistere a salsedine, docce calde, saponi, creme ed intemperie, e che ora era un piccolo ammasso di capelli, che diamine, ora parevano proprio capelli, attraverso il foro al centro delle sfere blu, che nel tempo avevano perso la loro brillantezza, ma non il loro colore intenso. Era stata ad osservarle a lungo, puntini scuri al centro del palmo felpato di giallo, per poi chinarsi e farle rotolare via, verso di lui.
"Voglio che restino qui, nel posto in cui ci siamo visti per la prima volta, e dove ci siamo visti oggi, che forse è l'ultima." Aveva proclamato. Poi, con l'accendino, aveva spezzato il braccialetto e lo aveva lanciato via, colpendo, senza volere, un senza tetto che dormiva nella soglia di un negozio, davanti alla vetrina, scatenando così le risate dell'amica che l'accompagnava.
Una fine tragicomica, senza dubbio, per il potente amuleto della Santona dal turbante fucsia.
Il bracciale fisicamente adesso non c'era più, ma continuava a sentirlo e vederlo sul braccio, soprattutto di notte.
Forse, distruggere gli oggetti non basta a toglierceli di dosso. Soprattutto quando sai che quello era il tessuto giusto, ma tu non puoi usarlo.

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